Discede

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Contatti
Associazione Gruppo Canti Popolari Discede
Via Nuova Chiunzi, 135 - 84010 Maiori (SA)

Partita Iva: 04134720657

Codice Fiscale: 96003500657


Musiche e Canti della Costa d'Amalfi

discedecostadamalfi@gmail.com

Musiche e Canti della Costa d'Amalfi

+39 3392584851

"Quando pensiamo al mondo tradizionale e alle conservazioni del mondo tradizionale, pensiamo a dei luoghi fermi, immobili, dove non c’è stata trasformazione o ricambio. La Costiera sembrerebbe essere il contrario di un mondo di questo tipo, di un mondo dove almeno da duecento anni i flussi di culture, persone, visioni del mondo diverse, sono così fitti e complessi da chiedersi: “ma come è possibile che sia rimasto qualcosa?”.
Noi sappiamo che questo “qualcosa” è veramente straordinario ed è tutto quello che riguarda il culto e la tradizione alla Madonna dell’Avvocata"  (Prof. Paolo Apolito -Conferenza stampa di presentazione Di Musiche e Canti della Costa d'Amalfi - primo album dei Discede)


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I Discede sono un gruppo musicale, anche costituito come Associazione Culturale, che ha come scopo la ricerca e valorizzazione delle tradizioni locali Campane attraverso lo studio, la riscoperta, l’esecuzione e la rilettura di musiche, danze e canti popolari.
Il gruppo prende il nome da una delle più antiche e belle contrade di Maiori ed intende rivalutare e divulgare il notevole patrimonio culturale legato alla tradizione popolare della Costiera Amalfitana, derivante dal culto e dalla tradizione della Madonna dell’Avvocata.

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Prossimi concerti

Per info 3392584851 - 3485289051

23 aprile 2022 - Maiori - Salone degli affreschi del Comune - Presentazione del libro "La mia Avvocata" di Filippo Civale
 
28 giugno 2022 - Maiori (SA) Piazzetta San Pietro

20 agosto 2022 - Tramonti (SA) - Concerto privato

21 agosto 2022 - Forino (AV) - XV edizione Sera passaie...

29 settembre 2022 - Minori (SA) - Località Torre

16 dicembre 2022 - Ravello (SA) - Auditorium Villa Rufolo 

22 luglio 2023 - Sessa Aurunca (CE) - Piazza Tiberio Massimo

18 agosto 2023 - Atrani (Sa) - Largo Alagno

29 settembre 2023 - Minori (SA) - Frazione Torre

11 novembre 2023 - Praiano (SA) - Piazza San Luca

16 maggio 2024 - Comune di Maiori - Salone degli Affreschi - "Io o' devoto" Tavola rotonda sull'Avvocata

21 luglio 2024 - Maiori (SA) - Teatro del Mare

13 ottobre 2024 - Scala (SA) - Piazza Municipio
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Discografia

CD pubblicati, presenti su Itunes, Apple Music, Spotify, Deezer, Amazon, Media Net.

2005: Musiche e Canti della Costa d'Amalfi - con la partecipazione straordinaria di Eugenio Bennato (voce in Malanotte) e Carlo Faiello (testo e voce in Che bell'aria)

2013: Tra il mare e il solecon la partecipazione straordinaria di Carlo Faiello (voce in “Ninna Nanna Maiorese” e autore del brano “O munno s'è addurmuto”)


Musiche e Canti della Costa d'Amalfi:

  1. Cantata della trasportatrice di limoni (testo tradizionale - musica Nunzio Nunziato)
  2. Io so devoto (testo Angelo Scannapieco - musica Nunzio Nunziato)
  3. Discede (testo Angelo Scannapieco - musica Nunzio Nunziato)
  4. Sega Mulleca (testo tradizionale - musica Nunzio Nunziato)
  5. Lu prevete (testo tradizionale - musica Nunzio Nunziato)
  6. Che bell'aria (testo Carlo Faiello e Angelo Scannapieco - musica Nunzio Nunziato)
  7. Malanotte (testo Angelo Scannapieco - musica Nunzio Nunziato)
  8. Reginna (testo tradizionale - musica Stefano Scafuro)
  9. Tammurriata e'zì Nannina (tradizionale)
  10. Tammurriata dell'Avvocata (tradizionale)

Tra il mare e il sole:

  1. Tra il mare e il sole (testo Angelo Scannapieco - musica Maurilio Taiani)
  2. Solidarietà (testo Angelo Scannapieco - musica Maurilio Taiani)
  3. O munno s'è addurmuto (testo e musica Carlo Faiello)
  4. Lu 'mbasciatore (testo tradizionale - musica Maurilio Taiani)
  5. Sto capennno (testo e musica Francesco Di Vicino)
  6. Ninna Nanna Maiorese (testo tradizionale - musica Maurilio Taiani)
  7. Tu dissonante (testo Angelo Scannapieco - musica Maurilio Taiani)
  8. Padre nostro Natale (testo tradizionale - musica Maurilio Taiani e Giovanni Vuolo)
  9. Il poeta (testo Angelo Scannapieco - musica Maurilio Taiani, Giovanni Vuolo Alfonso Manzi)
  10. Pe sperà (testo Angelo Scannapieco - musica Maurilio Taiani, Alfonso Manzi)
  11. Tammurriata voglio ji cantanno (tradizionale)
  12. Tammurriata Avvocata (tradizionale)

Testi CD Musiche e Canti della Costa d'Amalfi

Testi CD Tra il mare e il sole

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Premi e Festival

2006: Miglior gruppo emergente per la partecipazione all'Ariano Folk Festival (AV) Italia

2006: Solopaca Folk Festival – I Volti della luna – Solopaca (BN) Italia

2008: Premio Nazionale Anselmo Mattei alla Musica e alla Tradizione Popolare Campana, vincitori insieme alla Nuova Compagnia di Canto Popolare. San Salvatore Telesino (BN) Italia

2009: Festival Touscouleurs – Bordighera (IM) Italia

2016: “FestMed”, suoni e ritmi della musica popolare – Premio Speciale “Vincenza Cortazzo” musica popolare gruppi strumentali. Vallo della Lucania (SA) Italia

2018: Premio “Le Notti della Cultura”, per l’Alto Impegno Culturale, patrocinato da ..incostieraamalfitana.it - Festa del Libro in Mediterraneo – Maiori (SA) Italia

Collaborazioni

2005: Il suono della tradizione (Editore Squilibri) – Progetto libro + CD audio di Carlo Faiello dove i Discede interpretano la “Tammurriata per la Madonna Avvocata di Maiori”

2006: Ricerche e musiche per il Centro Universitario per i Beni Culturali di Ravello (Salerno) per la realizzazione del cortometraggio “Il patrimonio intangibile della Costiera Amalfitana"

2009: Con Mimmo Epifani: Tributo a Fabrizio De André – Live a San Salvatore Telesino

2017: Musiche live e video per la mostra Touroperator dell’artista Massimo Sansavini

2018 "Taranta Power. 20 anni di battito del Sud" – Concerto con Eugenio Bennato a Piazza Plebiscito – Napoli per i 20 anni di Taranta Power.

2021: Rai Radiotelevisione Italiana – Musiche per il documentario “Di là dal fiume e tra gli alberi”

Secrets of skin - La Costiera verticale

2021: Partecipazione al progetto "O Risviglio" di Marcello Colasurdo

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Archivio sonoro

Registrazione risalente all'anno 1974 a cura di Roberto De Simone, presente nel libro "Son sei sorelle"

Tra gli esecutori:

Domenico Taiani, papà di Maurilio, voce e chitarra battente dei Discede

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Canto e ballo sul tamburo 

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Storia del Santuario dell'Avvocata

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Contatti

Maurilio Taiani 3392584851 - Massimo Ferrara 3485289051

Interventi integrali alla conferenza stampa di presentazione del Cd Musiche e Canti della Costa d’Amalfi Provincia di Salerno, Palazzo S. Agostino, 30 giugno 2005

  • Eugenio Bennato:

I ragazzi della tammurriata di Maiori, figli dei maestri e maestri essi stessi di una tradizione arcaica e incontaminata, parlano e dicono cose nuove, spunti di pensiero che collegano le rime classiche delle filastrocche popolari con parole ed immagini del presente. Il percorso è insidioso, ma va fatto anche perché la coscienza di una grande cultura popolare genera una nuova coscienza di elementi positivi, come la pace, la solidarietà, la speranza, che si rivolgono direttamente alle drammatiche istanze della storia contemporanea. Un tempo a Maiori le torri di avvistamento segnalavano il pericolo dei pirati in arrivo sulla costa. Oggi le reti tecnologiche ci danno notizia di nuovi sbarchi, di ragazzi pieni di disperazione e di speranza, e questi segnali non possono lasciare indifferente la sensibilità di chi ha scelto di contrapporsi musicalmente all'appiattimento globalizzante imbracciando una tammorra capace di coesistere con le voci dolci e le voci ruvide, con gli accordi delle mandole e i powers delle chitarre elettriche.

  • Carlo Faiello – musicista, autore e componente della Nuova Compagnia di Canto Popolare:

I Discede mi hanno invitato non perché ho collaborato al CD, ma perché siamo amici, e la nostra amicizia è fondata soprattutto su una passione: la passione per la musica popolare.

Diciamo che c’è stato uno scambio tra me e loro: loro hanno partecipato al mio progetto discografico “Il suono della tradizione” ed io al loro CD.

La cosa bizzarra, la cosa strana, di questo incontro è che i Discede provengono dalla musica tradizionale e hanno sperimentato la canzone, io viceversa, provenendo dall’accademia, ho voluto fare questa esperienza. Mi sono reso conto che ad un certo punto l’accademia non basta, non basta il solfeggio, non basta sapere armonizzare un canto, ma bisogna andare più nel profondo e, grazie ad alcuni Maestri, grazie ai figli di questi Maestri del gruppo Discede, ho capito l’importanza della vostra musica, ho capito quella potenza evocativa dei vostri canti, dei vostri testi ed ho imparato il magnetismo ipnotico delle vostre danze, dei vostri ritmi.

Invece loro, provenendo dalla cultura popolare, dalla tradizione, nello sperimentare la forma “canzone” hanno capito che la tradizione non è un concetto fisso, non è un concetto statico, ma è qualcosa di dinamico, che si rinnova continuamente, che si trasforma.

Quindi, anche se abbiamo fatto due lavori differenti, c’è secondo me un obiettivo comune che è quello di cercare di collegare, cercare di riprendere contatto con la radice su cui si fonda l’albero della nostra cultura, sia per avere maggiore consapevolezza sulla nostra storia musicale, sia per poterci confrontare con altre culture musicali.

  • Prof. Paolo Apolito – Docente di Antropologia Culturale alle Università di Roma e Salerno:

Ringrazio intanto gli organizzatori per l’invito che hanno voluto fare, non credo però di essere in grado di dare una risposta a una domanda così complessa come le origini e lo sviluppo di questo mondo tradizionale da cui poi, come un ramo recente, nasce il vostro lavoro, il lavoro di questo gruppo.

Io posso semplicemente sottolineare il dato positivo della permanenza di un mondo cosiddetto “tradizionale”, poi magari è un po’ meno “tradizionale” di quanto possa apparire, all’interno delle trasformazioni culturali e sociali nelle quali siamo immersi.

Quando uno pensa alla Costiera Amalfitana, pensa ad un luogo in cui i movimenti di popolazione, sia per ragioni di turismo che per ragioni anche di spostamenti lavorativi, sono da molti decenni così fitti e complessi che è veramente difficile pensare alla Costiera Amalfitana come un luogo fermo nella storia.

In genere quando pensiamo al mondo tradizionale e alle conservazioni del mondo tradizionale, pensiamo appunto a dei luoghi fermi, immobili, dove non c’è stata trasformazione o ricambio.

La Costiera sembrerebbe essere il contrario di un mondo di questo tipo, di un mondo dove almeno da duecento anni i flussi di culture, persone, visioni del mondo diverse, sono così fitti e complessi che se uno, ripeto, ha una mentalità, un riconoscimento della tradizione nei luoghi immobili si chiede: “ma come è possibile che sia rimasto qualcosa?”.

Noi sappiamo che questo “qualcosa” è veramente straordinario ed è tutto quello che riguarda il culto e la tradizione alla Madonna dell’Avvocata. Ma io non mi limiterei solo a questo, sia pure straordinario fenomeno e espressione del mondo tradizionale.

Per chi conosce la Costiera non solo per la settimana all’anno di vacanze che si fa, ma per viverci o per frequentarla e non solo nei luoghi ufficiali ma anche nei luoghi più interni, sa bene che c’è una forte componente di visione “tradizionale” del mondo che è ancora molto presente.

Il video che Sasà Mari ha girato l’anno scorso documenta uno di quegli aspetti straordinari di conservazione e trasformazione al tempo stesso, che sono le tecnologie legate ai terrazzamenti, ci dicono storie molto complesse ma altrettanto ci dicono trasformazioni molto avanzate.

Ecco, la peculiarità della Costiera è proprio questa, di essere per certi versi all’avanguardia delle trasformazioni e al tempo stesso capace di dialogare con il proprio passato, con la propria intensa e profonda storia culturale. Basta parlare con persone non soltanto anziane ma attente, non superficiali, non completamente decapitate dalla televisione, ma interessate invece anche a parlare con la propria storia, con il proprio passato per rendersi conto che la Costiera Amalfitana è un luogo di straordinaria ricchezza umana, simbolica e culturale, e naturalmente poi il “centro” del mondo, per così dire totem della Costiera è appunto, per così dire, il culto alla Madonna dell’Avvocata, a qui però non vorrei ridurre l’intera complessità; certo è una dimensione importante e profonda rispetto alla quale sul piano musicale si è conservata questa forma di tammorriata. Anche qui la parola “conservata” andrebbe messa tra virgolette perché la tammorriata della Madonna dell’Avvocata di oggi non è la tammorriata della Madonna dell’Avvocata di trenta anni fa, che a sua volta non era la stessa di sessanta anni fa, e queste sono piccole differenze che magari i musicologi o quelli più addetti a queste cose riescono a cogliere rispetto invece a chi non ha una esperienza, una conoscenza musicale.

Ma al di là di queste immancabili trasformazioni, e qui apro una parentesi, le cose che non si trasformano sono le cose morte, le cose che si trasformano sono le cose vive, quindi se la tammorriata si è trasformata rispetto a trenta anni fa è perché è viva, perché funziona, è perché ha ancora qualcosa da dire alla gente che vive oggi e non cento anni fa, e comunque l’importanza di questa tammorriata sta nel fatto che, nel senso tecnico e musicale viene suonata da più tamburi, un tamburo ha una maggiore dimensione di conflittualità, di violenza, di aggressività, di “maschilità”, però non è tanto questa la dimensione, quanto il fatto che ormai è veramente una delle poche che in Campania si conserva “in funzione”; “in funzione” è un termine un po’ tecnico con il quale si vuole dire che non serve più soltanto fare gli spettacoli sui palchi o a fare i CD, per altro legittimissimi e bene accolti, ma innanzitutto viene suonata in occasioni devozionali, cioè viene suonata all’interno del ciclo devozionale del pellegrinaggio sul monte, mentre trenta anni fa, quando io ho incominciato ad andare in giro per feste e pellegrinaggi ce ne erano tantissime di tammorriate “in funzione”, adesso sono veramente molto poche, e molto poche intendo dire non la tammorriata in sé, perché dovunque andate trovate la tammorriata, ma quella tammorriata, quella modalità particolare.

Voglio dire, se andate alla Madonna dell’Arco, il lunedì in Albis, il pomeriggio, sentite un sacco di tammorriate, ma sentite la tammorriata di Marcello Colasurdo, la tammorriata di O’ lione, la tammorriata del gruppo di Scafati, cioè le tammorriate di quelli che fanno ormai spettacolo (ripeto ben vengano, non ho nulla contro di loro) ma non sentite più, o quasi più, la tammorriata della Madonna dell’Arco, mentre se andate su e vi fate tutta la salita e riuscite ad arrivare in cima , lì sentite la tammorriata della Madonna dell’Avvocata , poi potete sentire anche alte modalità, ma quella tammorriata è la tammorriata della devozione.

Sulla parola devozione bisogna intendersi, non è la devozione dei nostri nonni o bisnonni, cioè una devozione contadina completamente immersa in un mondo contadino, agrario, non esiste più quel mondo, è inutile che ci facciamo illusioni; è una devozione più complessa, che non riguarda solamente il rapporto della religiosità contadina arcaica, ma riguarda anche il rapporto con la propria identità locale,

L’identità locale è uno dei temi più importanti nel nostro presente e certo è uno dei temi che meriterebbe una riflessione perché ci sono le luci e le ombre quando parliamo di identità locale, molte volte le identità locali sono “in pensione” a tavolino, e non corrispondono a nessuna storia reale.

Invece nel caso dell’Avvocata, questo ritorno di identità locale, questo orgoglio che adesso i maioresi sentono per la loro tammorriata, sulla loro Madonna, è fondata su una storia concreta, reale, su una storia documentabile rispetto alla quale gli attuali abitanti di Maiori fanno una selezione, cioè sono scomparse certe cose mentre invece vengono confermate altre cose, e concludo sottolineando proprio la positività di questo lavoro, che credo si apra con questo disco ma non si chiuda con questo disco, altrimenti non sarebbe il caso di un impiego e di energie tali, per fare solamente un disco, con tutto il rispetto per il disco.

Il disco, credo, sia un passo lungo un percorso, un cammino, che va affrontato.

E da questo punto di vista questo passo è un passo molto significativo, perché io conosco i suonatori della tammorriata dell’Avvocata da molto tempo e li ho sempre considerati, come loro sanno benissimo, delle persone che suonano in una maniera straordinaria e fanno gruppo in una maniera straordinaria.

Per esempio, sul piano dell’impatto visivo e dell’ascolto hanno una potenza spettacolare straordinaria.

Sentir suonare la tammorriata dell’Avvocata (sul piano proprio della percezione di un pubblico rispetto ad un palco) e poi sentire un’altra tammorriata, la differenza si coglie in maniera enorme proprio nella dimensione spettacolare, perché la potenza fisica, la dimensione concertistica, l’impatto emozionale che produce questa tammorriata, ma suonata da loro, non suonata da chicchessia, cioè da questo gruppo specifico di giovani, è talmente forte nella sua dimensione espressiva, anche spettacolare ma poi comunitaria, che, se tu li hai visti una volta, non te li scordi più, rispetto ad altre realtà.

Ebbene, però, qualche anno fa quando io li ho visti, li ho conosciuti, avevo, e non lo nascondo, qualche sentimento di paura, di timore, perché pensavo “come faranno a mantenere questa dimensione così forte?”. Perché la vita li può prendere, l’uno da una parte, l’altro dall’altra, è difficile che questo momento magico (io parlo di dieci anni fa), si possa conservare e si possa mantenere in questa dimensione, perché li vedevo forti, interessati al dialogo con la tradizione, ma troppo ragazzi, rispetto alle tentazioni che possono passare nella testa dei ragazzi.

Li avevo sottovalutati, perché in realtà con il passare del tempo non si sono disgregati ma in qualche modo si sono ingigantiti nella loro volontà di mantenersi gruppo coeso, e allora questa occasione, che in questo momento l’associazione offre, di intesa con il comune di Maiori, visto che abbiamo qui delle importanti presenze istuzionali, dà una base, una stabililità a questo gruppo che ripeto, lo dico senza peli sulla lingua, per me è la realtà più importante dal punto di vista culturale che in questo momento esprime Maiori rispetto alla sua tradizione.

Non in senso assoluto, a Maiori ci sono delle altre cose che dal punto di vista culturale sono interessanti, ma dal punto di vista del rapporto con la tradizione che a mio parere, che ripeto, lo dico senza peli sulla lingua, rappresenta la realtà culturalmente più importante.

Allora, la sponda che è stata offerta loro per mantenere questa coesione nel continuare a dialogare con la loro storia, con la loro tradizione e al tempo stesso aprirsi a sperimentazioni di tipo testuale o di tipo musicale, o legati alla ricerca sul campo, quindi spettacoli, musica, testi, poesia e quant’altro possa venire a voi in mente, bene, mi sembra veramente la cosa più interessante di questo lavoro che è stato fatto in questo momento, la cosa che io apprezzo di più e che mi fa bene sperare nel futuro dell’associazione e anche della cultura di Maiori.

  • Prof. Rino Mele – docente di Storia del Teatro e dello Spettacolo all’Università di Salerno:

Ha detto Paolo Apolito: “le cose che non hanno forza di trasformarsi, capacità di trasformarsi, sono morte”, ed è vero.

Il caso di questo piccolo territorio, in fondo, così poi contratto in sé come un foglio che si tenga stretto e che si possa poi slargare e diventare ampio, così come la Costiera artigliata nelle sue variegate e fortissime contrazioni, immaginiamola che potesse dispiegarsi, allargarsi, diventare infinitamente grande, ebbene, la Costiera ha le caratteristiche per conservare e per trasformare, per conservarsi e trasformarsi, ha caratteristiche particolari.

Fino all’Ottocento non c’era la strada che unisce Maiori e Amalfi a Salerno ed era difficilissimo raggiungere le cittadine, i piccoli paesi della Costiera.

La Costiera conserva questo dono, questa capacità silenziosa di restare chiusa, di essere in qualche modo irraggiungibile.

La Costiera conserva nei suoi stretti, piccoli solchi la sua indisponibilità a essere facilmente raggiungibile, e quindi in qualche modo ha le caratteristiche giuste per tenere, conservare, trattenere, trattenere la propria storia, e per riproporla nuovamente.

Pensiamo al caso di Maiori.

Da ragazzo andavo spesso a Maiori, mio padre era ispettore scolastico proprio in queste zone….., quando ci fu l’alluvione, Maiori subì una violenza, una ferita, una desolazione così feroce ed era irriconoscibile.

Dopo il 54’ Maiori non era più Maiori, era diventato un paese che non apparteneva in qualche modo alla orografia, alla continuità della Costiera, sembrava di trovarsi in un’altra zona d’Italia.

Io per anni ho fatto lo sforzo per ri-conoscere, Maiori è stata strappata a se stessa…ricordo che la violenza dell’acqua, della tempesta che tagliava l’aria era irriducibile.

Ora, la serietà di questo sforzo di leggere la Costiera del gruppo Discede consiste anche nell’aver voluto lavorare non sulla storia, sulla storia della voce della Costiera, ma nella storia.

Non sulla storia, cioè porsi un po’ emotivamente, un po’ per attrazione musicale a guardare e a conservare. No! è immettersi nella storia, non sulla ma nella, e questo si vede dal fatto che hanno voluto inserire l’evento del 54’ nella storia, cioè sentirsi anche essi “in funzione”, sentirsi cioè all’interno di ciò che si trasforma.

La tradizione…

Una maschera non ha solo la parte concava, interiore, interna, dimenticata e indimenticabile contemporaneamente, ma ha anche la parte convessa, quella che si mostra, quella che va verso il futuro, quella che si trasforma.

Io trovo che è stato un atto forse d’impulso, di istinto, ma anche di intelligenza raffinatissima, avere inserito nel testo della raccolta anche questo micro testo “Malanotte”.

Avere inserito significa aver compreso profondamente come la storia non è solamente ciò che è catalogabile, registrabile, verificabile, ma è ciò che viviamo, che continuiamo a vivere e anche ciò che appartiene al vostro desiderio, al vostro progetto, al futuro.

In nessuna parte d’Italia forse, o poche parti d’Italia, sono così disponibili a questo doppio scambio tra passato e presente come la Costiera.

Chi veramente conosce la Costiera, chi veramente ha attraversato, è passato attraverso i passaggi non frequentati, così difficili da percorrere, chi veramente conosce la Costiera? Quasi nessuno!

Quindi la Costiera conserva, trattiene, è ferocemente pudica, ferocemente legata a se stessa, eppure contemporaneamente oramai si è così aperta la parte convessa della maschera, la parte che si mostra, è diventata così conosciuta, falsamente conosciuta nel suo aspetto più leggero.

Il lavoro che loro fanno è quel tipo di lavoro che nell’umiltà, umiltà che è veramente necessaria per conoscere questa parte della Campania, hanno avuto il coraggio di partecipare alla creazione della tradizione.

Questo significa parlare dell’alluvione del 54’ e cantarlo, e semmai coinvolgere altre voci più note come in questo caso.

E allora, veramente, questo tipo di lavoro che loro hanno fatto con attenzione e potenza, mi sembra particolarmente importante per trattenere il passato trasformandolo nel presente, e cioè creare e partecipare. 

  • Prof. Antonio Polidoro - Docente di Storia della Musica Conservatorio di “San Pietro a Maiella” di Napoli

Il gruppo “Discede” di Maiori ha condotto un serio ed interessante lavoro di ricerca etnomusicologica sul territorio che ha dato vita ad elaborazioni di estrema eleganza e non lontane dal punto di vista strumentale dagli stilemi che caratterizzano la prassi dell’elaborazione del materiale popolare.

E’ noto come si possa parlare di una vera “scuola napoletana dell’arrangiamento”, una scuola che si caratterizza per l’incisività ritmica, il vero fondamento della tradizione musicale popolare in area partenopea, nonché per garbati ricorsi a momenti polifonici di sicura presa.

Il gruppo maiorese ha curato l’elaborazione di tre brani interessantissimi anche per la bellezza del testo.

  La “Cantata della trasportatrice di limoni” può agevolmente essere inquadrata nel ricco filone del canto di lavoro. Si tratta di una sorta di “rivendicazione” in versi dei diritti ignorati delle trasportatrici con efficacissimi passaggi.

Un brano godibilissimo e “impegnato” nel quale si tratteggia la figura del padrone spregiudicatamente incurante dei disagi dei lavoratori alle prese con problemi di sopravvivenza segnatamente per i figli delle trasportatrici, ai quali non è possibile provvedere come una madre vorrebbe e che (si lamenta la lavoratrice-madre) “si nun ce dongo niente, s’abboccano co’ viente.

Il testo di “Io so devoto” è dovuto ad un giovane maiorese che ha assimilato in famiglia la freschezza della linfa della poesia popolare con una partecipazione emotiva singolarissima al punto che diventa difficile storicizzare il brano.

“Io so devoto” potrebbe, infatti, risalire a cento o duecento anni fa: alla provvidenziale conservazione della lingua della costiera si aggiunge una devozione autentica che ha sfidato i secoli e che si “legge” con estrema evidenza nel brano.

Anche in questo caso la veste musicale è sapientemente costruita con esiti di straordinaria suggestione espressiva.

Molto interessante la natura “modulare” di “Russo melillo” strutturato in due momenti: il primo affidato alla sola voce di una anziana donna del luogo nello splendore della nuda melodia, il secondo è costituito dall’intervento del gruppo anche in questo caso perfettamente in linea con l’atmosfera simpaticamente e garbatamente licenziosa.

E’ il canto dispettoso di una ragazza abbandonata che rivendica alla sua positiva influenza l’antica vitalità dell’innamorato ormai ridotto a condizioni pietose.

Impagabile l’invito finale a liberarsi dall’attuale compagna, un invito di irresistibile forza espressiva: “levate sta’ gialluta ca puort o lato”.

Il lavoro del gruppo merita di essere ulteriormente pubblicizzato ed inserito nei canali delle rassegne specializzate.

  • Prof. Giampaolo Schiavo - Direttore del Conservatorio di Musica "Nino Rota" di Monopoli:

Discede, è un’antica contrada di Maiori, “nu piezzo e terra e tanta libbertà”!

Tale sembra voler essere il programma concepito e il percorso intrapreso ed espresso nel disco “Musiche e canti della Costa d’Amalfi”, dal Gruppo musicale che ha ereditato il nome proprio da questa località, che appare quasi come il punto di osservazione di tutto un mondo, che attraversa spazio e tempo, in una contemporaneità quasi magica.

Ma procediamo con ordine: i Discede, gruppo musicale di Maiori, cittadina della “mia” Costiera, cercano, attraverso un attento percorso musicale, di portarci nell’intimo vivere di un popolo che del Mediterraneo è cittadino autorevole e significativo, ma che proprio per questo porta con sè i segni dello sforzo del vivere tra ingiustizie e fatalità, che ha imparato in qualche modo a razionalizzare e gestire attraverso riti e culti, riuscendo poi a sopravvivere grazie ad un pragmatismo sereno ma implacabile. 

L’operazione che hanno compiuto con questo lavoro, si sostanzia di questi elementi, e la tradizione popolare, intesa come il complesso di esperienze che le persone autentiche e concrete di questa terra compiono, è vissuta appunto come testimonianza profonda nella ricerca di operare una sintesi tra la storia che ognuno attraversa e la realtà che in ogni momento procede inesorabile per il suo corso. 

Quindi è un folklore che non sembra cedere molto alla dimensione olistica e menzognera della sola sfera del folklorismo turistico, ma che cerca di realizzare una consapevolezza delle proprie origini per specchiarsi costantemente in esse. 

I materiali musicali utilizzati infatti sono quelli della tradizione autentica di questi luoghi così come i testi: canti per il lavoro, o di lavoro, ninne nanne, scioglilingua e tammurriate (tutte profondamente legate ad una azione rituale o per il culto alla Madonna, qui particolarmente sentito). La scelta di proporre alcuni canti nella loro versione originale è estremamente significativa ed eloquente, indice della serietà e verità della ricerca operata da questo gruppo.

I canti “Russo melillo”, “Tammurriata e zi Nannina”, “Tammurriata dell’Avvocata” danno conto di un testo frutto di esperienza collettiva di un popolo che diventa una modalità di lettura del proprio mondo, ma il pregio è offerto dalla vocalità e dalla lingua “originale” con cui questi canti sono presentati. Diventano così dei veri e propri reperti da preservare, vivere e tramandare come riferimenti quasi esistenziali. E’ questo un servizio fondamentale che si rende alla propria comunità, al proprio patrimonio culturale, ricordando eventi della quotidianità, fatti lieti o tragici del proprio passato: un popolo è tanto più libero e capace di autodeterminarsi, quanto più ha consapevolezza della propria identità e delle sue radici.

Questa musica, questi testi e queste voci, entrano nei pori e nel cuore alimentando la nostra forza e salvandoci dal terribile cancro dell’omologazione, nel quale, come dannata, l’Umanità, smarrendo le proprie origini, disperde anche i suoi valori, e senza valori fondanti e fondati sulla propria esperienza storica, tutto si dissolve, ogni cosa non ha nulla a cui riferirsi. Ci si perde! 

Questa esperienza, si diceva, diventa un punto di osservazione del Mediterraneo. Il Mediterraneo infatti è stato un formidabile luogo di scambio di esperienze, riti e miti, ed ogni popolo che vive sulle sue sponde porta un poco della realtà e della vita di tutti gli altri. La ricchezza, in termini di Conoscenza e Saggezza è veramente enorme.

E’ attorno a queste esperienze che si può tentare da un lato di sviluppare in modo autentico una storia di benessere individuale e sociale di un popolo e nello stesso tempo di mantenere viva un’ integrità ed una tensione di consapevolezza e di libertà profonda. 

Accanto alla testimonianza di canti arcaici nella loro versione originale, è altrettanto significativa la realizzazione di nuovi brani che, mantenendo un testo originale, sono realizzati su una musica che ha come suoi “mattoni di costruzione” motivi, stilemi e perfino strumenti arcaici (quindi riconoscibili da un popolo), mattoni messi insieme con un linguaggio che fa uso anche di elementi moderni e riconoscibili pure dalle nuove generazioni. Questa operazione sembra onesta nel senso che cerca di incontrarsi con i giovani a metà strada, senza privarli della sostanza ricca di quelle esperienze. 

In questo senso il lavoro con le voci e con gli strumenti diventa davvero pregevole nel realizzare sonorità autentiche delle “nostre” Comunità che ancora riecheggiano e mi riportano a ricordi del bambino che fui tra le vie e le vicende di uno dei paesi della Divina Costiera.

E’ lo stesso, autentico percorso tra i “profumi” e le dimensioni più autentiche compiuto, con gratitudine e rispetto da questo popolo, da questi uomini e queste donne di Discede.